Noduli di Copeman e segni di ipotrofia nel lower back pain
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23 Settembre 2020La percezione del dolore
ALTERAZIONI MECCANICHE
di Claudio Santoro DO DC
Quelle che seguono sono indicazioni utili a stimolare semplici riflessioni sulla capacità che ossa, cartilagini, capsule articolari e legamenti, hanno di scatenare una sensazione dolorifica.
Partendo dalle ossa, è un dato di fatto che sebbene in maniera differente, sia in ogni sua parte (epifisi, metafasi e diafisi) riccamente servito da una fitta rete di vasi. La cavità midollare contiene un grande seno venoso centrale. L’innervazione è caratterizzata da sottili assoni (mielinici e amielinici) che accompagnano i vasi nutritizi. Gli osteoblasti (deputati a all’osteogenesi) posseggono recettori per molti neuropeptidi tra cui calcitonina, intestinale vasoattivo, sostanza P, ecc. .
Discorso assai diverso se riferito alle cartilagini o, per meglio dire, a dischi e menischi: strutture fibrocartilaginee tipiche, la cui principale funzione consiste nell’aumentare la superficie di contatto articolare (consentendone una maggiore stabilità) e garantire un parziale assorbimento del carico meccanico. Il tessuto cartilagineo non contiene terminazioni nervose (soprattutto quando intrarticolare, la crescita degli assoni è inibita da un’alta concentrazione di proteoglicani) ed è spesso descritto come avascolare. Certamente la capacità della matrice di deformarsi sotto carico rende difficoltosa la persistenza dei vasi ematici nel tessuto oltre la prima infanzia. Le strutture capsulari fibrose invece, sono connesse a dischi e menischi per mezzo di tessuto connettivo vascolarizzato ed invase da vasi sanguigni, fibre nervose afferenti nonchè vasomotorie post-gangliari e simpatiche.
Il complesso di recettori situati all’interno e in prossimità delle capsule articolari fornisce informazioni sulla posizione, i movimenti e gli stress che agiscono sulle articolazioni. Studi strutturali e funzionali hanno dimostrato l’esistenza di almeno quattro tipi di recettori articolari, le cui proporzioni e distribuzioni variano secondo il sito. Tre di essi sono terminazioni incapsulate mentre il quarto è rappresentato da un’arborizzazione terminale libera. Le terminazioni di tipo I sono corpuscoli incapsulati della classe dei meccanocettori a lento adattamento, simili alle terminazioni di Ruffini. Si riscontrano in piccoli gruppi negli strati superficiali delle capsule fibrose delle articolazioni e sono innervate da assoni efferenti mielinici. Essendo a lento adattamento, sono responsabili della percezione della posizione e del movimento dell’articolazione e rispondono a diverse sollecitazioni applicate alle capsule articolari. Sono particolarmente comuni nelle articolazioni in cui il senso di posizione statica è determinante per il controllo della postura (ginocchia e anche). Le terminazioni di tipo II sono
recettori lamellati e sembrano versioni ridotte dei più grandi corpuscoli del Pacini che si trovano in genere nel tessuto connettivo. Si riscontrano in piccoli gruppi in tutta la capsula articolare, in particolare negli strati più profondi o, in altre strutture articolari (ad esempio il corpo adiposo dell’articolazione temporo-mandibolare). Sono meccanocettori a rapido adattamento e bassa soglia, sensibili al movimento e ai cambiamenti di pressione, e rispondono al movimento dell’articolazione e a stress di breve durata, applicati alla capsula articolare. Sono innervati da assoni afferenti mielinici, ma probabilmente non sono coinvolti nella percezione cosciente della sensazione articolare. Le terminazioni di tipo III sono identiche agli organi tendinei del Golgi per struttura e funzione e si trovano nei legamenti articolari ma non nelle capsule articolari. Sono recettori ad alta soglia e lento adattamento ed hanno funzione di prevenire, almeno in parte, sforzi articolari eccessivi attraverso l’inibizione riflessa dei muscoli adiacenti. Sono innervati da grandi assoni afferenti mielinici. Le terminazioni di tipo IV sono ramificazioni libere di assoni mielinici o amielinici che si ramificano all’interno delle capsule articolari, nei corpi adiposi adiacenti e intorno ai vasi sanguigni dello strato sinoviale. Sono recettori ad alta soglia e a lento adattamento, si ritiene rispondano a movimenti eccessivi e che rappresentino la base percettiva del dolore articolare.
Accanto ad essi, le strutture capsulari ricche di terminazioni. Premesso che le stesse sono fornite di fibre amieliniche e fibre mieliniche, quest’ultime (più grosse) sono servite da neuroni afferenti (principalmente Ruffini, per la pressione e la trasmissione di impulsi utili alla funzione propriocettiva) che terminano prevalentemente nel corpo interno della capsula articolare. Nota anche come capsula sinoviale, si rivela abbondantemente fornita anche da vasi sanguigni e linfatici, a differenza di quanto non accada nel corpo esterno della capsula articolare dove originano, invece, i tessuti legamentosi strutturalmente costituiti da ispessimenti cordoniformi della capsula fibrosa dell’articolazione, naturalmente privi di vasi sanguigni, linfatici ovvero strutture nervose.
Le cellule che compongono qualsivoglia dei tessuti sopracitati, in condizioni di normalità, tendono a mantenere costanti nel tempo il numero, le dimensioni e l’aspetto differenziativo. Una semplice disfunzione meccanica in carico, ad esempio, all’apparato locomotore, può determinare un aumento od una riduzione delle richieste funzionali ovvero un incremento o diminuzione della secrezione ormonale, in ciò inducendo una varietà di adattamenti cellulari di tipo morfologico e funzionale. Evidentemente frutto di alterazioni della struttura e della funzione del tessuto, le cellule acquisiscono un nuovo equilibrio che, sebbene alterato, risulta solido e stabile, tale da consentire comunque la preservazione della vitalità cellulare e la
modulazione delle funzioni in risposta agli stimoli. Questi adattamenti sono caratterizzati da alterazioni riferite non solo alla dimensioni delle cellule, ma anche alla relativa capacità di proliferazione oltrechè all’aspetto differenziativo.
Generalmente, si tratta di fenomeni limitati ad un determinato distretto con potenziale di reversibilità. Il persistere di questi fenomeni può essere preludio all’insorgenza di disfunzioni comportamentali del tessuto, quando non patologie. La muscolatura, la rete neurale ed i recettori subiscono variazioni di tensione meccanica che, parte integrante di in un circolo vizioso, provoca un gravoso processo degenerativo